SVILUPPO SOSTENIBILE

Lo sviluppo sostenibile è una forma di sviluppo economico che sia compatibile con la salvaguardia dell’ambiente e dei beni liberi per le generazioni future.

L’idea di un modello di crescita economica che non consumasse tutte le risorse ambientali e le rendesse disponibili anche per il futuro si fa strada a partire dalla prima metà degli anni settanta, e infatti proprio nel giugno del 1972 si tenne la Conferenza ONU sull’Ambiente Umano e da lì inizia a delinearsi una definizione sistemica-globale e operativa di sostenibilità che comprendono sia aspetti ecologici sia sociali. Tale percorso consente di rendere concreti i principi teorici dello sviluppo sostenibile, ed è la base di processi partecipativi efficaci.

Una successiva definizione di sviluppo sostenibile, in cui è inclusa una visione globale, è stata fornita, nel 1991, dalla World Conservation Union, UN Environment Programme and World Wide Fund for Nature, che lo identifica così:

« …un miglioramento della qualità della vita, senza eccedere la capacità di carico degli ecosistemi di supporto, dai quali essa dipende »

Nello stesso anno l’economista Herman Daly definisce lo sviluppo sostenibile come

«… svilupparsi mantenendosi entro la capacità di carico degli ecosistemi»

e quindi secondo le seguenti condizioni generali, concernenti l’uso delle risorse naturali da parte dell’uomo:

  • il peso dell’impatto antropico sui sistemi naturali non deve superare la capacità di carico della natura;
  • il tasso di utilizzo delle risorse rinnovabili non deve essere superiore alla loro velocità di rigenerazione;
  • l’immissione di sostanze inquinanti e di scorie non deve superare la capacità di assorbimento dell’ambiente;
  • il prelievo di risorse non rinnovabili deve essere compensato dalla produzione di una pari quantità di risorse rinnovabili, in grado di sostituirle.

In tale definizione, viene introdotto anche un concetto di “equilibrio” auspicabile tra uomo ed ecosistema, alla base di un’idea di economia per la quale il consumo di una determinata risorsa non deve superare la sua produzione nello stesso periodo.

Nel 1994, l’ICLEI (International Council for Local Environmental Initiatives) ha fornito un’ulteriore definizione di sviluppo sostenibile:

«Sviluppo che offre servizi ambientali, sociali ed economici di base a tutti i membri di una comunità, senza minacciare l’operabilità dei sistemi naturali, edificato e sociale da cui dipende la fornitura di tali servizi».

Ciò significa che le tre dimensioni, economica, sociale e ambientale, sono strettamente correlate, e ogni intervento di programmazione deve tenere conto delle reciproche interrelazioni.

L’ICLEI, infatti, definisce lo sviluppo sostenibile come lo sviluppo che fornisce elementi ecologici, sociali e opportunità economiche a tutti gli abitanti di una comunità, senza creare una minaccia alla vitalità del sistema naturale, urbano e sociale che da queste opportunità dipendono.

Nel 2001, l’UNESCO ha ampliato il concetto di sviluppo sostenibile indicando che

«…la diversità culturale è necessaria per l’umanità quanto la biodiversità per la natura (…) la diversità culturale è una delle radici dello sviluppo inteso non solo come crescita economica, ma anche come un mezzo per condurre una esistenza più soddisfacente sul piano intellettuale, emozionale, morale e spirituale».(Art 1 e 3, Dichiarazione Universale sulla Diversità Culturale, UNESCO, 2001).

In questa visione, la diversità culturale diventa il quarto pilastro dello sviluppo sostenibile.

Per favorire lo sviluppo sostenibile sono in atto molteplici attività ricollegabili sia alle politiche ambientali dei singoli Stati e delle organizzazioni sovranazionali sia a specifiche attività collegate ai vari settori dell’ambiente naturale. In particolare, il nuovo concetto di sviluppo sostenibile proposto dall’UNESCO ha contribuito a generare approcci multidisciplinari sia nelle iniziative politiche sia nella ricerca.

Tale processo lega quindi, in un rapporto di interdipendenza, la tutela e la valorizzazione delle risorse naturali alla dimensione economica, sociale e istituzionale, al fine di soddisfare i bisogni delle attuali generazioni, evitando di compromettere la capacità delle future di soddisfare i propri. In questo senso la “sostenibilità dello sviluppo” è incompatibile in primo luogo con il degrado del patrimonio e delle risorse naturali (che di fatto sono esauribili) ma anche con la violazione della dignità e della libertà umana, con la povertà e il declino economico, con il mancato riconoscimento dei diritti e delle pari opportunità.

La definizione oggi ampiamente condivisa di sviluppo sostenibile è quella contenuta nel rapporto Brundtland, elaborato nel 1987 dalla Commissione mondiale sull’ambiente e lo sviluppo e che prende il nome dall’allora premier norvegese Gro Harlem Brundtland, che presiedeva tale commissione:

« Lo sviluppo sostenibile, lungi dall’essere una definitiva condizione di armonia, è piuttosto processo di cambiamento tale per cui lo sfruttamento delle risorse, la direzione degli investimenti, l’orientamento dello sviluppo tecnologico e i cambiamenti istituzionali siano resi coerenti con i bisogni futuri oltre che con gli attuali »

Nel documento viene contestualmente enfatizzata la tutela dei bisogni di tutti gli individui, in un’ottica di legittimità universale ad aspirare a migliori condizioni di vita; così come viene sottolineata la necessità e l’importanza di una maggiore partecipazione dei cittadini, per attuare un processo effettivamente democratico che contribuisca alle scelte a livello internazionale:

« Lo sviluppo sostenibile impone di soddisfare i bisogni fondamentali di tutti e di estendere a tutti la possibilità di attuare le proprie aspirazioni ad una vita migliore (…) Il soddisfacimento di bisogni essenziali esige non solo una nuova era di crescita economica per nazioni in cui la maggioranza degli abitanti siano poveri ma anche la garanzia che tali poveri abbiano la loro giusta parte delle risorse necessarie a sostenere tale crescita. Una siffatta equità dovrebbe essere coadiuvata sia da sistemi politici che assicurino l’effettiva partecipazione dei cittadini nel processo decisionale, sia da una maggior democrazia a livello delle scelte internazionali »

Sviluppo_sostenibile.svg

Per tali motivi, la sostenibilità ruota attorno a tre componenti fondamentali:

Sostenibilità economica: intesa come capacità di generare reddito e lavoro per il sostentamento della popolazione.

Sostenibilità sociale: intesa come capacità di garantire condizioni di benessere umano (sicurezza, salute, istruzione, democrazia, partecipazione, giustizia.) equamente distribuite per classi e genere.

Sostenibilità ambientale: intesa come capacità di mantenere qualità e riproducibilità delle risorse naturali.

L’area risultante dall’intersezione delle tre componenti, coincide idealmente con lo sviluppo sostenibile.

Le intersezioni intermedie tra le componenti, dove vengono indicate le parole Vivibile, Equo, Realizzabile, si possono leggere come delle indicazioni di tipo operativo o di verifica.

Ad esempio, se dovessimo analizzare una produzione artigianale, tipo di una falegnameria, lo schema potrebbe essere che, se all’interno del campo riguardante l’ambiente inseriamo la tutela delle materie prime e la conoscenza dell’origine del prodotto, e se nell’insieme riguardante l’aspetto sociale inseriamo la possibilità di beneficiare delle materie prime fino al loro utilizzo, allora nel campo intermedio ci potrebbe essere “semina della vegetazione, dedicata a parco e rinnovata negli anni”. Se lo schema che stiamo analizzando è quello di un’attività di estrazione delle materie prime, dove ovviamente la parte e economica riguarderà la massimizzazione della quantità estratta, la parte sociale, che tra le varie potrebbe comprendere l’insegnamento, l’uso della cava per motivi terzi, ecc, avrà una zona di equità, che considererà ad esempio l’utilizzo della cava per gite istruttive, la realizzazione di un museo/scuola, la pianificazione del modo di estrazione.